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Lavoratori e web: monitorare i siti è una illecita verifica a distanza!

Il controllo sistematico e continuo dei siti internet visitati dai lavoratori è un illecito controllo a distanza. Viola la privacy e contrasta con lo statuto dei lavoratori. Questo il principio formulato dal Garante della Privacy, accogliendo un reclamo di un lavoratore, dipendente di una società che ha monitorato per nove mesi la navigazione on-line dei suoi dipendenti attraverso un software in grado di memorizzare la pagine web, il tempo di navigazione ed il numero di connessioni. Il provvedimento ripropone la questione dei limiti dei controlli sui lavoratori. In materia il Garante ha elaborato linee guida che il datore di lavoro deve applicare:
  1. elaborare un regolamento aziendale dettagliando quando e come si può usare internet e la posta elettronica;
  2. installare misure tecniche per impedire gli accessi non autorizzati;
  3. dare informativa al lavoratore sulle modalità di utilizzo del computer, della posta elettronica e sulle modalità di controllo;
  4. siglare un accordo sindacale per l'uso di software, necessari per esigenze produttive e/o di sicurezza, che configurano un controllo a distanza;
  5. in mancanza di accordo sindacale ottenere l'autorizzazione della direzione provinciale del lavoro.

Nessuna sanzione per la mancata verifica degli impianti di messa a terra perché il DPR 547/55 è stato abrogato

Assunta dalla corte di cassazione una altalenante posizione in merito alla sanzione da applicare in caso di mancata verifica degli impianti di messa a terra prevista dal DPR 547/1955. Assolto un datore di lavoro perchè il DPR 547/1955 e’ stato abrogato.
Sull’applicabilità della sanzione nel caso in cui un datore di lavoro abbia omesso di sottoporre a verifica periodica l’impianto di messa a terra installato nella propria azienda, già prevista dall’art. 328 del D. P. R. 27/4/1955 n. 547 e punibile con la penalità prevista dall’art. 389 dello stesso decreto presidenziale, si era già espressa la Corte di Cassazione in passato in alcune sentenze con le quali la stessa, pur prendendo atto che il citato articolo del decreto presidenziale n. 547/1955 era stato abrogato dal successivo D.P.R. 22/10/2001 n. 462, contenente il Regolamento per la denuncia di installazione dei dispositivi di protezione, contro le scariche atmosferiche, dei dispositivi di messa a terra e di impianti elettrici pericolosi, riconosceva, ai fini della punibilità del reato, la continuità normativa fra i due decreti presidenziali. Con questa sentenza, invece, la stessa Corte di Cassazione ha annullata la condanna emessa a carico di un datore di lavoro per la mancata verifica dell’impianto di messa a terra motivando la decisione con la osservazione che l’obbligo di cui alla condanna sottoposta all’esame era stato abrogato e che pertanto non costituiva più un reato.



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