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Antincendio: novità per strutture turistiche, depositi GPL

Con tre decreti pubblicati nell'arco di due giorni, il Ministero dell'interno ha introdotto novità in materia di antincendio con riferimento alle strutture turistiche, ai depositi di GPL e ai rifugi alpini. In particolare:
- decreto del Ministero dell'Interno 28 febbraio 2014 «Regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l'esercizio delle strutture turistico - ricettive in aria aperta (campeggi, villagi turistici, ecc.) con capacità ricettiva superiore a 400 persone» (in Gazzetta Ufficiale del 14 marzo 2014, n. 61);
- decreto del Ministero dell'interno 4 marzo 2014 «Modifiche ed integrazioni all'allegato al decreto 14 maggio 2004, recante approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per l'installazione e l'esercizio dei depositi di gas di petrolio liquefatto con capacita' complessiva non superiore a 13 m³» (in Gazzetta Ufficiale del 15 marzo 2014, n. 62).

No all’uso generalizzato delle webcam negli asili nido

No all’uso generalizzato di webcam negli asili nido. La tutela della personalità e della riservatezza dei minori deve prevalere rispetto alle esigenze di genitori e strutture scolastiche.
Lo ha stabilito il Garante privacy [doc. web n. 2433401] che ha vietato l’uso delle webcam installate in un asilo nido privato di Ravenna. Nel corso dell’istruttoria avviata a suo tempo dall’Autorità per conoscere le modalità di funzionamento e gli scopi delle webcam, la società che gestisce l’asilo aveva spiegato che il sistema era stato installato come deterrente contro i malintenzionati, ma soprattutto per fornire un servizio che consentisse via web, ai genitori impegnati al lavoro, di monitorare costantemente in presa diretta ciò che i loro figli facevano.
Nel suo provvedimento il Garante ha ricordato innanzitutto, anche in riferimento a quanto precisato dalla Commissione europea, che l’impiego di sistemi di videosorveglianza deve risultare effettivamente necessario e proporzionato agli scopi che si intendono perseguire, tanto più quando si tratta di dispositivi particolarmente invasivi come le webcam.
L’installazione di webcam, per stessa ammissione dell’asilo nido, era finalizzata a venire incontro alla tranquillità dei genitori piuttosto che a salvaguardare la sicurezza dei minori. Ma anche ammesso che l’obiettivo fosse quello di tutelare l’incolumità dei minori, tale finalità andrebbe comunque perseguita bilanciandola con altri interessi fondamentali del bambino, quali la sua riservatezza e il libero sviluppo della sua personalità. Non sono emersi, peraltro, neanche nelle argomentazioni addotte dall’asilo nido elementi che giustificassero il ricorso all’installazione a fini di sicurezza.
Il collegamento telematico, inoltre, non assicurava sufficienti tutele ai minori: in primo luogo, la visione da parte dei genitori non era limitata alle sole attività del proprio figlio, ma si estendeva naturalmente anche a quelle degli altri minori e agli insegnanti; in secondo luogo, il sistema non garantiva che anche altri, oltre ai genitori muniti di credenziali per l’accesso, potessero visionare le immagini: circostanza questa che apriva al possibile rischio che le immagini potessero poi essere registrate e usate anche a fini illeciti.
Il Garante ha dunque dichiarato illecito il trattamento dei dati operato e ha vietato all’asilo nido l’ulteriore trattamento delle immagini.
“Sistemi di controllo così intrusivi come le webcam – ha commentato Antonello Soro, Presidente dell’Autorità – devono essere usati con estrema cautela perché, oltre a incidere sulla libertà di insegnamento, possono ingenerare nel minore, fin dai primi anni di vita, la percezione che sia “normale” essere continuamente sorvegliati, come pure condizionare la spontaneità del rapporto con gli insegnanti. La tranquillità dei genitori non può essere raggiunta a scapito del libero sviluppo dei figli. Non possiamo, per placare le nostre ansie di adulti, trasformare la società in cui viviamo in un mondo di ipersorvegliati, a partire dai nostri bambini”.

Introdurre la sicurezza e la salute nell'insegnamento

Utilizzando il popolarissimo  personaggio di Napo l'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, unitamente al Consorzio Napo, ha creato una serie di lezioni utilizzabili per sensibilizzare i bambini di età compresa tra i sette e gli undici anni all’importanza della salute e la sicurezza, con un approccio didattico, ma pur sempre divertente e fantasioso, utilizzando gli episodi di Napo e attività creative.
Ciascun pacchetto didattico evidenzia i messaggi chiave e gli obiettivi di apprendimento, offrendo agli insegnanti tutti i dettagli sulle attività proposte e le risorse necessarie, unitamente a un esempio di pianificazione della lezione che può essere facilmente utilizzata in una tipica lezione di 40 minuti.
Gli strumenti didattici dei pacchetti comprendono: istruzioni complete, le attività suggerite e risorse di ausilio all’insegnante scaricabili dal web, allo scopo di fornire agli insegnanti ed educatori il sostegno e la guida necessari per introdurre gli argomenti di SSL negli attuali programmi scolastici. Le lezioni sono state  progettate in maniera flessibile per poter essere inserite in alcune delle materie previste dall'attuale curriculum allo scopo di rinforzarne e sostenerne l’insegnamento, ovvero:
  • Educazione alla salute e alla cittadinanza
  • Scienze
  • Sicurezza stradale
  • Apprendimento di lingue
  • Arte

Le condizioni di vita della donna infortunata, Anmil, “Tesori da scoprire”

Presentata a Roma da Anmil l’indagine Tesori da scoprire: la condizione della donna infortunata nella società.

Il rapporto presenta un’elaborazione dei dati Inail sul fenomeno infortunistico al femminile e i risultati di un’indagine, condotta dalla stessa Associazione italiana fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro in collaborazione con Datamining e Indago.
Alla data del 31 dicembre 2012, i “disabili da lavoro” rilevati da Inail erano circa 690.000, dei quali oltre 96.000, il 14%, donne. Tra le donne circa 66.000 con un età superiore ai 64 anni, circa 21.000 tra i 50 e i 64 anni, più di due donne disabili su tre con almeno 65 anni, per un macro dato che ha evidenziato come il 90% delle donne disabili fosse ultracinquantenne.
Ogni anno sono circa 2.000 le donne che diventano “disabili da lavoro” a seguito di un infortunio o di una malattia professionale. L’Agricoltura è stato il settore con maggiore incidenza, 15,4% del totale, seguito da Sanità (12,7%), Industria manifatturiera (10,8%), Amministrazioni conto Stato (10,4%), Commercio (10%), Alberghi e ristoranti (7,7%), Servizi alle imprese (6,5%) e Servizi domestici (6,3%).
Al di là delle differenze di pericolosità dei vari settori un dato che desta preoccupazione riguarda la modalità di accadimento: il 35% degli incidenti che ha causato gravi gradi di menomazione è avvenuto in itinere, nel tragitto casa-lavoro. 
Partendo da questa cornice di dati Anmil si è quindi rivolta direttamente alle stesse donne, per capirne in profondità le difficoltà gli stress, la conciliazione tra casa, lavoro e famiglia.
Quali sono le condizioni di vita delle donne infortunate? 
 L’indagine si è sviluppata con domande telefoniche rivolte a 200 donne che hanno subito infortunio o tecnopatia. Le domande hanno riguardato sette aree: le conseguenze psicologiche, la discriminazione, i rapporti sociali, l’accessibilità e gli spostamenti, il reinserimento lavorativo, il tempo libero e il rapporto con gli enti.
A livello psicologico appare alta la percentuale di donne che soffre ancora di ansia/angoscia o incubi conseguenti all’infortunio (42,5%) ma la percentuale diminuisce a mano amano che il ricordo si allontana nel tempo. Il 16,5% del campione ha dichiarato di ritenere di aver bisogno di  supporto psicologico.
Solo il 25,5% delle donne ha imputato la causa di quanto accaduto a qualcosa o qualcuno esterno. Questo dato deve motivare a rafforzare ulteriormente le attività di formazione e informazione  per le lavoratrici e la realizzazione di campagne sia per i lavoratori che per i datori di lavoro affinché  adottino soluzioni che riducano al minimo la possibilità di infortunarsi, anche in caso di distrazione.
Per quanto riguarda la discriminazione solo il 16% delle donne ha dichiarato di sentirsi discriminata in quanto disabile. La doppia discriminazione donna-disabile è stata denunciata dal 22,5% delle intervistate.
Significative le conseguenze dell’infortunio nei rapporti e nei ruoli sociali. A livello familiare il 55,5% delle donne infortunate non svolge le faccende domestiche come prima dell’infortunio ( al Sud il 72,3%) e il 51,5% delle intervistate ritiene indispensabile un aiuto fisso di una badante o una domestica. All’interno della famiglia però non viene a mancare autorevolezza: solo il 5,5% del campione ritiene di averla persa dopo l’infortunio.
Il 57% circa delle donne ha perso amicizie e rapporti coi colleghi e desta preoccupazione questa tendenza all’isolamento. Una buona percentuale, il 46%, ha però instaurato nuovi rapporti di amicizia.
Anche nella sfera della relazione di coppia l’evento traumatico può avere serie conseguenze. La tendenza generale dell’uomo di fronte a partner che diventano invalide è spesso di allontanamento, mentre non accade lo stesso nel caso in cui sia l’uomo a subire un infortunio. Circa il 23% delle donne ha dichiarato di aver perso il compagno dopo l’infortunio. Il 16% ha costruito un rapporto con un nuovo compagno.
In generale le lavoratrici infortunate non hanno riferito di  particolari problemi negli spostamenti in automobile e il 95% di esse ritiene adeguata la propria abitazione rispetto alla propria invalidità. Rispetto all’accessibilità degli uffici pubblici, l’83% ha dichiarato di avere  accesso semplice, il 15,5% ha denunciato problemi.
Particolari criticità si riscontrano per quanto riguarda il reinserimento lavorativo. Il 23,5% delle lavoratrici infortunate ha dichiarato di aver perso il lavoro dopo l’infortunio, con spinte per licenziarsi. Nei casi in cui il posto di lavoro invece è stato mantenuto l’integrazione è stata buona.

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Da Italia Oggi del 6.10.23: Educazione civica in sicurezza

 

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