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Formazione del lavoratore straniero non adeguata

La 4° Sezione penale della Corte di Cassazione ha ritenuto responsabile un datore di lavoro per aver impartito ad un lavoratore straniero una formazione inadeguata (due incontri di quindici minuti).
L’art. 36 del TU 81/08 – Informazione ai lavoratori (sui rischi specifici e generali e sulle misure e le attività di protezione e prevenzione adottate in azienda, sulle procedure di pronto soccorso ed emergenza, nominativi degli RSS, RLS, MC, incaricati della sicurezza), al punto 4, dispone che “il contenuto della informazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le relative conoscenze. Ove la informazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione della lingua utilizzata nel percorso informativo”.
 
La Cassazione, nella sentenza n°40605 dell'1 ottobre 2013, ha considerato che “due soli incontri di quindici minuti ciascuno sono insufficienti tenuto conto altresì degli argomenti trattati …. e ha rilevato, inoltre, che sarebbe stato onere del datore di lavoro di “accertare se le procedure scritte consegnate ai lavoratori fossero state comprese e recepite dagli stessi e in particolare da quelli stranieri”.
L’accertamento del livello di conoscenza della lingua italiana attraverso semplici test è quindi indispensabile momento preliminare ed integrativo della formazione del lavoratore straniero. 
Va ricordato infine che lo stesso Accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011 prevede che nei confronti dei lavoratori stranieri siano tenuti corsi di formazione “che dovranno essere realizzati previa verifica della comprensione e conoscenza della lingua veicolare e con modalità che assicurino la comprensione dei contenuti del corso di formazione, quali, ad esempio, la presenza di un mediatore interculturale o di un traduttore”.

Videosorveglianza senza ledere la dignità dei lavoratori

 
La legittima esigenza di tutelare il patrimonio, di proteggersi da furti e rapine con impianti di videosorveglianza, non autorizza i supermercati a operare in violazione delle libertà fondamentali e della dignità di dipendenti e clienti. Lo ribadisce il Garante in seguito ai risultati di un'attività ispettiva  nel settore della grande distribuzione, che ha rilevato come numerose società non avevano rispettato le garanzie previste dallo Statuto dei lavoratori, dalla normativa sulla privacy e dal provvedimento generale in materia di videosorveglianza predisposto dalla stessa Autorità.
Dagli accertamenti disposti dal Garante, è emerso, ad esempio, che tra le società sottoposte ad ispezione, cinque non avevano ottenuto un preventivo accordo sindacale o richiesto l'apposita autorizzazione al competente ufficio del Ministero del lavoro .A tal proposito, l'Autorità ha sottolineato che non è sufficiente che i lavoratori siano stati informati o che abbiano addirittura acconsentito all'installazione del telecamere per far venir meno le specifiche tutele previste dalla normativa o lo stesso divieto di controllo a distanza. Una sesta società, a differenza dalle precedenti, aveva sì ottenuto l'autorizzazione dell'ufficio ministeriale ad installare l'impianto di videosorveglianza, ma non ne aveva poi rispettato tutte le prescrizioni.
Dalle verifiche condotte, sia a campione sia in seguito a segnalazioni, dal Nucleo Speciale Privacy della Guardia di Finanza, sono state riscontrate anche altre violazioni: alcuni esercizi commerciali conservavano le immagini per un arco temporale non giustificato da esigenze specifiche (ad esempio, per ripetuti furti o rapine) così come invece stabilito dal provvedimento generale del Garante in materia di videosorveglianza. Due dei supermercati controllati dal Garante, inoltre, non avevano provveduto a segnalare adeguatamente la presenza delle telecamere con appositi cartelli o avevano omesso di indicare chi fosse il titolare del trattamento. Il legale rappresentante di un supermercato aveva addirittura dichiarato al nucleo ispettivo che l'impianto di videosorveglianza non era in funzione, salvo poi doversi smentire di fronte alle evidenze raccolte.
L'Autorità ha dichiarato illecito il trattamento dei dati personali effettuato dalle sei società tramite i sistemi di videosorveglianza e ha disposto che tutti gli esercizi commerciali si adeguino entro trenta giorni alle misure prescritte alla luce della normativa sulla privacy e dallo Statuto dei lavoratori. Sono in arrivo ulteriori provvedimenti nei confronti di altre società della grande distribuzione.

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