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Formazione del lavoratore straniero non adeguata

La 4° Sezione penale della Corte di Cassazione ha ritenuto responsabile un datore di lavoro per aver impartito ad un lavoratore straniero una formazione inadeguata (due incontri di quindici minuti).
L’art. 36 del TU 81/08 – Informazione ai lavoratori (sui rischi specifici e generali e sulle misure e le attività di protezione e prevenzione adottate in azienda, sulle procedure di pronto soccorso ed emergenza, nominativi degli RSS, RLS, MC, incaricati della sicurezza), al punto 4, dispone che “il contenuto della informazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le relative conoscenze. Ove la informazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione della lingua utilizzata nel percorso informativo”.
 
La Cassazione, nella sentenza n°40605 dell'1 ottobre 2013, ha considerato che “due soli incontri di quindici minuti ciascuno sono insufficienti tenuto conto altresì degli argomenti trattati …. e ha rilevato, inoltre, che sarebbe stato onere del datore di lavoro di “accertare se le procedure scritte consegnate ai lavoratori fossero state comprese e recepite dagli stessi e in particolare da quelli stranieri”.
L’accertamento del livello di conoscenza della lingua italiana attraverso semplici test è quindi indispensabile momento preliminare ed integrativo della formazione del lavoratore straniero. 
Va ricordato infine che lo stesso Accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011 prevede che nei confronti dei lavoratori stranieri siano tenuti corsi di formazione “che dovranno essere realizzati previa verifica della comprensione e conoscenza della lingua veicolare e con modalità che assicurino la comprensione dei contenuti del corso di formazione, quali, ad esempio, la presenza di un mediatore interculturale o di un traduttore”.

Videosorveglianza senza ledere la dignità dei lavoratori

 
La legittima esigenza di tutelare il patrimonio, di proteggersi da furti e rapine con impianti di videosorveglianza, non autorizza i supermercati a operare in violazione delle libertà fondamentali e della dignità di dipendenti e clienti. Lo ribadisce il Garante in seguito ai risultati di un'attività ispettiva  nel settore della grande distribuzione, che ha rilevato come numerose società non avevano rispettato le garanzie previste dallo Statuto dei lavoratori, dalla normativa sulla privacy e dal provvedimento generale in materia di videosorveglianza predisposto dalla stessa Autorità.
Dagli accertamenti disposti dal Garante, è emerso, ad esempio, che tra le società sottoposte ad ispezione, cinque non avevano ottenuto un preventivo accordo sindacale o richiesto l'apposita autorizzazione al competente ufficio del Ministero del lavoro .A tal proposito, l'Autorità ha sottolineato che non è sufficiente che i lavoratori siano stati informati o che abbiano addirittura acconsentito all'installazione del telecamere per far venir meno le specifiche tutele previste dalla normativa o lo stesso divieto di controllo a distanza. Una sesta società, a differenza dalle precedenti, aveva sì ottenuto l'autorizzazione dell'ufficio ministeriale ad installare l'impianto di videosorveglianza, ma non ne aveva poi rispettato tutte le prescrizioni.
Dalle verifiche condotte, sia a campione sia in seguito a segnalazioni, dal Nucleo Speciale Privacy della Guardia di Finanza, sono state riscontrate anche altre violazioni: alcuni esercizi commerciali conservavano le immagini per un arco temporale non giustificato da esigenze specifiche (ad esempio, per ripetuti furti o rapine) così come invece stabilito dal provvedimento generale del Garante in materia di videosorveglianza. Due dei supermercati controllati dal Garante, inoltre, non avevano provveduto a segnalare adeguatamente la presenza delle telecamere con appositi cartelli o avevano omesso di indicare chi fosse il titolare del trattamento. Il legale rappresentante di un supermercato aveva addirittura dichiarato al nucleo ispettivo che l'impianto di videosorveglianza non era in funzione, salvo poi doversi smentire di fronte alle evidenze raccolte.
L'Autorità ha dichiarato illecito il trattamento dei dati personali effettuato dalle sei società tramite i sistemi di videosorveglianza e ha disposto che tutti gli esercizi commerciali si adeguino entro trenta giorni alle misure prescritte alla luce della normativa sulla privacy e dallo Statuto dei lavoratori. Sono in arrivo ulteriori provvedimenti nei confronti di altre società della grande distribuzione.

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Palestre, cortili e bagni delle scuole, situazioni di incuria


 

La 7a Commissione della Camera ha deliberato sullo svolgimento di un’indagine conoscitiva sulla situazione dell’edilizia scolastica in Italia. Vi si legge, fra l’altro, che se il profilo della sicurezza desta inquietudine e impone interventi urgenti, va anche considerato che “tutte le indagini internazionali sul rendimento degli studi confermano la centralità e la decisiva influenza positiva esercitata dalla confortevole e adeguata organizzazione degli spazi scolastici”.
La questione ben si adatta alla denuncia del rapporto di Cittadinanzattiva nel capitolo dedicato al benessere e l’igiene a scuola, dalle palestre ai cortili ai bagni. La scelta dello specifico argomento confort/spazi è efficacemente motivata dai dati raccolti nel rapporto secondo i quali il 28% delle scuole non possiede una palestra interna all’edificio. E se sono presenti, le palestre lamentano:
  • situazioni di pesante incuria che comportano distacchi di intonaco (19% dei casi), muffe ed infiltrazioni (24%);
  • barriere architettoniche (18%);
  • fonti di pericolo (23%);
  • nell’8% dei casi non hanno alcun tipo di attrezzatura;
  • quasi una su due (44%) è priva di cassetta di pronto soccorso.
I cortili, nella metà dei casi (47%) sono usati per le attività sportive. Nell’83% dei cortili ci sono aree verdi, ma sono ben curate solo nel 65% e attrezzate cure aree gioco sportive nel 36%.
Ai bagni invece il triste primato di ambiente più sporco: privi di sapone nel 41% dei casi, di asciugamano nel 53%, di carta igienica nel 50%. Elementi particolarmente gravi visto che è sempre più difficile poter contare sull’aiuto del personale scolastico nell’accompagnare i bimbi al bagno.
Per questo, Cittadinanzattiva, nel documento-rapporto del settembre scorso,   chiede di recuperare e costruire nuove palestre e migliorare le condizioni dei cortili per far sì che fare attività fisica a scuola sia un diritto di tutti gli studenti.

Garante: stop a Comune, troppi dati per l'iscrizione all'asilo nido

I genitori sono separati, divorziati, morti? Sono stranieri? Dove risiedono i nonni? Lavorano? quante ore a settimana e quale è il loro stato di salute. Sono invalidi? Queste sono solo alcune delle domande alle quali hanno dovuto rispondere le famiglie che volevano iscrivere i propri figli ad un asilo nido comunale lombardo. A un familiare però è venuto il dubbio che non tutti i dati richiesti fossero necessari e pertinenti, in particolare quelli relativi allo stato di salute e invalidità dei nonni, e si è rivolto al Garante privacy, il quale gli ha dato ragione.
Troppi e non indispensabili i dati chiesti dal comune per predisporre la graduatoria di ammissione all'asilo nido. E' stato questo il giudizio del Garante che ha dichiarato illecita la raccolta di un numero così rilevante di informazioni, spesso inutili e in alcuni casi di natura sanitaria, ed ha vietato al comune di raccoglierle di nuovo in futuro, limitandosi alla raccolta delle sole informazioni necessarie alla verifica dei criteri di iscrizione previsti dal Regolamento comunale.
L'Autorità ha ordinato inoltre al comune di cancellare i dati non pertinenti già acquisiti in violazione della disciplina sulla privacy. Nel definire la segnalazione l'Autorità ha rilevato un effettivo disallineamento tra i numerosi dati personali, anche sensibili, richiesti dal Comune nel modulo di domanda di iscrizione all'Asilo e quelli che il Regolamento comunale prende in considerazione per attribuire i punteggi della graduatoria di iscrizione al nido (attività dei genitori compreso l'orario di lavoro, presenza di persone invalide nel nucleo familiare, affidamento ai servizi sociali, numero dei figli, età, eventuali gemelli).








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No alla pubblicazione on line di indirizzi e telefoni nelle graduatorie del personale scolastico

Gli istituti scolastici non possono inserire nelle graduatorie on line, relative al personale docente e amministrativo tecnico e ausiliario (Ata) che ambisce a incarichi e supplenze, dati non pertinenti ed eccedenti, come il numero di telefono o l'indirizzo privato dei candidati.
Lo ha stabilito il Garante intervenuto a seguito delle segnalazioni di alcuni interessati che avevano lamentato l'inserimento, all'interno dei documenti pubblicati sui siti web di due circoli didattici e di un istituto comprensivo, di informazioni personali non necessarie.
Dalle verifiche effettuate dall'Autorità, è emerso che nelle graduatorie rese disponibili su Internet erano infatti contenuti anche i codici fiscali, i numeri di telefono personali e gli indirizzi privati di circa 8000 lavoratori. Tali dati, tra l'altro, erano stati resi indicizzabili e quindi raggiungibili attraverso i comuni motori di ricerca, anche solo digitando il nominativo di una di queste persone.
L'Autorità ha rilevato che la diffusione di questi dati personali non è consentita in quanto eccedente le finalità istituzionali perseguite con la pubblicazione on line delle graduatorie, e cioè innanzitutto quella di dare la possibilità per chi aspira a incarichi o supplenze di conoscere la propria posizione e punteggio. In base alla normativa di settore (esplicitata peraltro da due circolari del Ministero dell'istruzione) - e secondo un principio ricordato dal Garante nelle Linee guida in materia di pubblicazione on line di atti e documenti amministrativi da parte della Pa - sui siti web possono essere pubblicate graduatorie di merito contenenti solo i dati strettamente necessari all'individuazione del candidato, come il nome, il cognome, il punteggio e la posizione in graduatoria. Domicilio e i recapiti telefonici privati, invece, possono essere utilizzati dalla scuola per altre finalità, come quella di prendere contatto con il personale, ma non diffusi.
Il Garante ha anche sottolineato che pubblicazione on line di tali informazioni personali può arrecare non solo un pregiudizio alla riservatezza individuale, ma incrementa anche il rischio che le persone interessate possano subire abusi, come il cosiddetto furto di identità.
Ha quindi vietato la loro ulteriore diffusione e ha imposto agli istituti scolastici di procedere da ora in poi a una puntuale selezione dei dati personali contenuti in atti e documenti da inserire su Internet, nel rispetto dei principi di pertinenza e non eccedenza previsti dalla normativa.

"Decreto lavoro” e sanzioni: confermati gli aumenti

 
In evidente controtendenza rispetto all’orientamento assunto con il D.L. n. 69/2013 (cosiddetto “decreto del fare”), anche nel testo del D.L. n. 76/2013, approvato definitivamente dal Parlamento, sono state confermate le modifiche al sistema sanzionatorio; infatti, è stato modificato il comma 4-bis, art. 306, D.Lgs. n. 81/2008, che ha riscritto completamente e in modo “peggiorativo” il sistema d’indicizzazione delle sanzioni penali e amministrative pecuniarie che era stato introdotto dal D.Lgs. n. 106/2009. Occorre ricordare che, mentre originariamente questo meccanismo di adeguamento quinquennale era previsto unicamente per le sanzioni stabilite dal D.Lgs. n. 81/2008, il D.Lgs. n. 76/2013 ha esteso lo stesso anche alle ammende e alle sanzioni amministrative pecuniarie per la violazione alle norme antinfortunistiche stabilite da altri atti aventi forza di legge.

Scuole: no alle impronte digitali per professori e personale amministrativo

Vietato l'uso di impianti biometrici per la rilevazione delle presenze in tre istituti superiori

 
No all'uso delle impronte digitali dei professori e del personale amministrativo tecnico e ausiliario (Ata) per rilevare la loro presenza a scuola. Lo ha stabilito il Garante privacy nel vietare a un istituto tecnico industriale e a due licei scientifici l'ulteriore trattamento dei dati biometrici dei lavoratori effettuato in violazione delle norme in materia di protezione dei dati personali.
Il Garante, intervenuto a seguito di segnalazioni e notizie di stampa, ha detto no all'uso generalizzato delle impronte digitali perché eccedente e sproporzionato rispetto allo scopo perseguito dalle scuole di controllare le presenze sul posto di lavoro e contrario quindi ai principi di liceità, necessità e non eccedenza stabiliti dal Codice. Come più volte precisato dal Garante, infatti, l'impiego di dati così delicati può essere ritenuto lecito solo in  specifici casi: ad esempio, per accedere ad aree aziendali riservate in cui si svolgono particolari attività o a imprese collocate in zone a rischio.
Per controllare il rispetto dell'orario di lavoro  - ha affermato il Garante - la scuola può disporre di sistemi meno invasivi della sfera personale, della libertà  individuale e della dignità del lavoratore. L'Autorità, infine, ha dichiarato illecito e ha vietato anche l'uso delle immagini raccolte tramite un impianto di videosorveglianza installato all'interno di uno dei due licei, all'insaputa di docenti, personale Ata e studenti. Il divieto riguarda il trattamento effettuato nel periodo antecedente alla sua  disattivazione da parte della Direzione territoriale del lavoro per violazione delle norme sul controllo a distanza dei lavoratori.

Semplificazioni per settori a basso rischio: Duvri

L’articolo 32 della legge n. 98/2013, di conversione del Dl 69/2013, ha portato semplificazioni in materia di sicurezza sul lavoro. Maggiormente interessato dalle modifiche in fase di conversione è il comma 1 del D.L. “Del fare”.
Alla lettera b) si prevede l’emanazione di un D.M., da adottarsi in coerenza con le indicazioni della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, con cui saranno individuati i settori di attività a basso rischio di infortuni e malattie professionali. L’individuazione dei settori avverrà sulla base di “criteri e parametri  oggettivi desunti dagli indici infortunistici e delle malattie professionali di settore dell’INAIL”.
D.U.V.R.I.: La semplificazione della Legge di conversione consiste nel consentire al datore di lavoro di un’azienda ricompresa nel settore a basso rischio di infortuni e malattie professionali, di omettere la redazione del Documento di Valutazione dei Rischi da Interferenza ed in alternativa, di nominare un proprio incaricato, in possesso di formazione, esperienza e competenza professionali adeguate e specifiche, adeguatamente e periodicamente aggiornato, con compiti di sovrintendere alla cooperazione e al coordinamento con altre imprese.
Spetterà al datore di lavoro, una volta individuato l’incaricato, di inserirne la nomina nel contratto di lavoro o d’opera.

 

Scuole: si alla trasparenza ma senza violare la privacy

In occasione dell'avvio dell'anno scolastico, il Garante per la privacy ricorda alle scuole di ogni ordine e grado la necessità di tenere presente alcuni principi stabiliti nei provvedimenti adottati in questi anni in materia di trasparenza in ambito scolastico, a tutela dei dati degli studenti e dei lavoratori che operano nel mondo dell'istruzione. Numerosi sono, infatti, i casi in cui istituti e pubbliche amministrazioni, per un'errata interpretazione della normativa sulla trasparenza o per semplice disattenzione, rendono accessibili informazioni che dovrebbero restare riservate, mettendo in questo modo a rischio la riservatezza e la dignità delle persone.
Le graduatorie
Il Garante è intervenuto più volte contro illeciti compiuti nella pubblicazione on line di graduatorie di vario tipo, le quali spesso contengono dati personali non pertinenti o eccedenti le finalità istituzionali perseguite.
Alcuni Comuni, ad esempio, hanno pubblicato on line le graduatorie di chi ha diritto ad usufruire del servizio di scuolabus includendo tra le varie informazioni liberamente accessibili, non solo i dati identificativi dei bambini, ma anche l'indirizzo di residenza e il luogo preciso dove lo scuolabus li avrebbe fatti salire e scendere. La diffusione di questi dati, oltre a comportare una violazione della normativa, può rendere i minori facile preda di malintenzionati.
Un altro caso frequente riguarda la pubblicazione sui siti Internet degli istituti delle graduatorie di docenti e personale amministrativo tecnico e ausiliario (Ata) per consentire a chi ambisce a incarichi e supplenze di conoscere la propria posizione e punteggio. Tali liste, giustamente accessibili a tutti, non devono però contenere, come in diversi casi segnalati al Garante, i numeri di telefono e gli indirizzi privati dei candidati. Questa illecita diffusione dei contatti personali incrementa, tra l'altro, il rischio di esporre i lavoratori a forme di stalking o a possibili furti di identità.
Il servizio mensa
Il Garante ricorda che è illecito pubblicare sul sito della scuola il nome e cognome degli studenti i cui genitori sono in ritardo nel pagamento della retta o del servizio mensa. Lo stesso vale per gli studenti che usufruiscono gratuitamente del servizio in quanto appartenenti a famiglie con reddito minimo o a fasce deboli. Gli avvisi messi on line devono avere carattere generale, mentre alle singole persone ci si può rivolgere con comunicazioni di carattere individuale.
A salvaguardia della trasparenza sulla gestione delle risorse scolastiche, restano ferme le regole sull'accesso ai documenti amministrativi da parte delle persone interessate.
L'iscrizione a scuole e asili
Gli istituti scolastici e gli asili nido, così come i Comuni, devono predisporre con cura i moduli di iscrizione di bambini e studenti, così da non chiedere alle famiglie informazioni personali eccedenti e non rilevanti. Particolare attenzione deve essere posta sull'eventuale raccolta di dati sensibili, come quelli sulle condizioni di salute e sull'appartenenza etnica o religiosa. Il trattamento di questi dati, oltre a dover essere espressamente previsto dalla normativa, richiede infatti speciali cautele e può essere effettuato solo se i dati sensibili sono indispensabili per l'attività istituzionale svolta: non è questo il caso della semplice iscrizione a scuola.
L'Autorità segnala, infine che, allo scopo di fornire un quadro organico in materia di protezione dei dati personali nel mondo della scuola, e affrontare nel contempo le problematiche legate all'uso di Internet e delle nuove tecnologie, verranno adottate presto specifiche Linee guida in materia.

La presenza di amianto nelle scuole e i piani di prevenzione

Nel factsheet “Amianto nelle scuole” il Dipartimento Igiene del Lavoro indica che malgrado la normativa italiana abbia proibito (nel 1992) l’impiego e la produzione dell’amianto e dei materiali che lo contengono, “il rischio di esposizione a tale minerale permane tuttora, perché la maggior parte di questi materiali sono situati principalmente negli edifici pubblici e nelle scuole”.
E segnalando che vi è un lungo periodo di latenza (da circa 15 anni in su) tra la prima esposizione all’amianto e la comparsa della malattia, “è necessario porre attenzione agli ambienti frequentati dai bambini, tra cui quello scolastico è certamente uno dei più importanti, per il molto tempo che un bambino vi permane”. Infatti gli studenti trascorrono spesso “13 anni a scuola, per almeno 30 ore a settimana, per circa 35 settimane all’anno”. E “fattori di tipo fisiologico, quale una maggiore attività biologica, e fattori di tipo comportamentale, quale l’assenza della percezione del pericolo” contribuiscono ad aumentare il rischio di effetti nocivi sulla salute del bambino.
Dopo aver ricordato che la contaminazione da amianto all’interno di un edificio dipende per lo più dalla friabilità e dallo stato di degrado del materiale contenente amianto  (MCA), nel factsheet è contenuta una tabella che indica i principali prodotti contenenti amianto nelle scuole:
- ricoprimenti a spruzzo e rivestimenti isolanti: fino all’85% di amianto (prevalentemente amosite spruzzata) e elevato potenziale di rilascio fibre;
- rivestimenti isolanti di tubazioni o caldaie: in tele, filtri, imbottiture in genere il contenuto di amianto è al 100%. Per altri rivestimenti in miscela al 6-10% con silicati di calcio. Elevato potenziale di rilascio fibre se i rivestimenti non sono ricoperti con strato sigillante uniforme e intatto;
- prodotti in amianto-cemento (coperture, tramezzi, cassoni dell’acqua, canne fumarie): 10-15% di amianto (crisotilo e anfiboli). Rilascio possibile solo se abrasi, segati o deteriorati;
- pavimenti vinilici: 10-15% di amianto crisotilo. In questo caso il rilascio di fibre è improbabile.
Cosa fare in presenza di amianto?
Il documento ricorda che il dirigente scolastico “in qualità di datore di lavoro è tenuto ad assolvere tutti gli obblighi previsti dall’art.18 del D.Lgs. 81/08 per quanto concerne la sicurezza, la formazione e la salute dei lavoratori”. Il dirigente scolastico ha inoltre la responsabilità ed il dovere di richiedere all’Ente proprietario dell’immobile “la verifica ed il monitoraggio del rischio amianto nonché l’eliminazione dello stesso tramite bonifica”.
Se è accertata la presenza di amianto nella struttura scolastica, “deve essere predisposto un piano di prevenzione specifico che includa:
- informazione: comunicazione agli studenti, al personale scolastico, al personale amministrativo ed ausiliario della presenza e della localizzazione di MCA; comunicazione al personale di eventuali imprese appaltatrici addetto ad operazioni di pulizia e/o manu tenzione della presenza e della localizzazione di MCA; segnalazione della presenza di MCA con la cartellonistica specifica; comunicazione ai genitori degli studenti dell’esistenza e dell’attuazione del piano di prevenzione scolastico relativo al rischio amianto;
- formazione: formazione degli studenti, del personale scolastico, del personale amministrativo ed ausiliario sui rischi derivanti dall’esposizione all’amianto, indicando in particolar modo le corrette procedure comportamentali; formazione del personale di eventuali imprese appaltatrici addetto ad operazioni di pulizia e/o manutenzione sui rischi derivanti dall’esposizione all’amianto, indicando in particolar modo le corrette procedure comportamentali;
- verifiche periodiche: valutazione, almeno una volta al mese, delle condizioni dei MCA presenti negli ambienti maggiormente frequentati dagli studenti (aule, corridoi, bagni, palestre, mense) tramite ispezioni visive e monitoraggi ambientali effettuati da laboratori qualificati; valutazione ogni sei mesi delle condizioni dei MCA negli ambienti non facilmente accessibili e non frequentati dagli studenti (locali caldaie, locali tecnici)”;
- interventi per prevenire il danneggiamento dei MCA: la scelta degli interventi da effettuare sui MCA è determinata da un diagramma di flusso riportato sul factsheet (“laddove è possibile è necessario dare priorità ad interventi di bonifica volti all’eliminazione dell’amianto all’interno della scuola); nel caso in cui si presentino situazioni di danneggiamento improvvise di scarsa entità dovute a cause accidentali o ad atti vandalici (piccole rotture di mattonelle viniliche, graffiature su tramezzi, ecc), è necessario intervenire immediatamente con appropriati restauri utilizzando idonei materiali incapsulanti volti ad eliminare il possibile rischio di dispersione di fibre”.
 
Si ricorda, infine, che qualsiasi azione di bonifica si intenda intraprendere, “questa dovrà avvenire assolutamente in assenza di studenti e personale con conseguente chiusura della scuola”.
 
 

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EN UNI 1090 - marcatura CE per i componenti strutturali in acciaio o alluminio

Con il 1 luglio 2014 diventa cogente, per chi produce strutture in acciaio o alluminio, o parti di esse, dotare i prodotti di marcatura CE secondo la norma UNI EN 1090-1. 
Tutti i produttori di strutture in acciaio, che in quanto tali sono già soggetti agli specifici requisiti previsti per il comparto degli acciai per carpenteria metallica (§11.3.4.10 del DM 14.01.2008), dovranno prevedere per i propri prodotti anche l'implementazione della Marcatura CE secondo EN 1090-1. Tale applicazione era volontaria già dal 1 dicembre 2010 e diventa obbligatoria a partire dal 1 luglio 2014.
La Norma armonizzata EC 1-2011 EN 1090-1:2009 “Esecuzione di strutture di acciaio e di alluminio Parte 1: Requisiti per la valutazione di conformità dei componenti strutturali” descrive  i requisiti e le modalità per l’apposizione della Marcatura CE, secondo la Direttiva 89/106/CEE ed il Regolamento Europeo n. 305/2011. Secondo la norma UNI EN 1090-1, le organizzazioni che saldano strutture, o parti di esse, in acciaio o in alluminio, devono introdurre un controllo della produzione (FPC) conforme alla norma UNI EN ISO 3834.
Per rispettare i requisiti richiesti dalle disposizioni legislative le aziende interessate dovranno ottenere la Certificazione del Controllo della Produzione di Fabbrica in conformità alla norma UNI EN 1090-1, rilasciata da un organismo notificato.
La norma EN 1090-1 riguarda la valutazione della conformità (progettazione e produzione) dei componenti strutturali in acciaio ed alluminio utilizzati per le costruzioni in acciaio e miste (calcestruzzo + acciaio). Gli elementi possono essere utilizzati direttamente nelle opere o essere incorporati nelle stesse dopo essere stati assemblati. La norma si applica alla produzione in serie e non.

Il marchio CE indica la conformità all’uso previsto con la quale il produttore attesta di fornire il prodotto secondo le specifiche che ha descritto nella sua dichiarazione. Tale dichiarazione è accettata in tutta l'Unione Europea. EN 1090-1 indica, infatti, a quali requisiti deve rispondere la dichiarazione di conformità legata al marchio CE e descrive le specifiche che la dichiarazione deve contenere.
I prodotti interessati dalla norma sono le strutture in acciaio tra le aree più importanti nel settore edile, quali ad esempio i componenti di edifici di uso generale, magazzini e fabbriche, tetti, ponti, gru e strutture di ingegneria idraulica.
La norma riguarda anche la saldatura, che è evidenziata come un processo speciale nella EN 1090, con una connessione molto forte alla  ISO 3834. Inoltre, la EN 1090 fa riferimento anche ad altri standard di saldatura quali ISO 14731, EN 278 e EN ISO 15614.
Lo standard EN 1090-1 non contiene direttamente norme che disciplinano la progettazione strutturale e i calcoli relativi alle costruzioni ma le richiama puntualmente. Le norme di progettazione e calcolo sono stabilite nelle rispettive sezioni dell’Eurocodice, mentre i requisiti di costruzione sono descritti negli standard EN 1090-2 e EN 1090-3.

Per ulteriori informazioni contattateci inviando una mail: info@studiolobrutto.eu

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Da Italia Oggi del 6.10.23: Educazione civica in sicurezza

 

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